Il passaggio di competenze tra generazioni: perché è un bene

La popolazione italiana sta invecchiando sempre più velocemente. È necessario che le generazioni anziane trasferiscano le proprie conoscenze ai più giovani.

CNOSFAP veneto gli anziani beneficiano del confronto con i giovani e viceversa

L’Europa stima che nel 2050 le persone anziane, con un’età superiore ai 60 anni, saranno più di 1 miliardo. L’Italia, secondo un rapporto OECD, diventerà in quegli anni il terzo paese con più anziani nel mondo, dopo Giappone e Spagna. Dato che è destinato a crescere in funzione anche dell’aspettativa di vita che continua ad aumentare. Se da un lato vi è la necessità di mettere queste persone in una condizione sociale favorevole, dall’altro lato vi è un enorme tesoro di competenze professionali che dovrebbero essere messe a disposizione delle generazioni più giovani. Un passaggio di informazioni che ha come risvolto positivo anche il mantenere attive le persone più anziane all’interno della società. Una condizione estremamente efficace che è già stata oggetto di studio anche in passato.

Cosa possiamo fare per agevolare questo passaggio di competenze? È necessario lavorare attivamente per mettere in contatto il trasferimento generazionale delle competenze. Tra generazioni che spesso sono lontane tra loro.

Secondo Radu Szekely, autore di un approfondimento dal quale è tratto questo articolo, i vantaggi portati dal trasferimento intergenerazionale di competenze sono principalmente:

  • creare legami ed eliminare stereotipi generazionali;
  • migliorare l’apprendimento reciproco;
  • ridurre l’ansia sociale.

Il distacco generazionale, spesso accompagnato da stereotipi negativi, è uno degli elementi che verrebbero migliorati dal trasferimento delle competenze. Mettere in dialogo tra loro vecchie e nuove generazioni abbatterebbe quelle barriere che spesso non permettono il dialogo reciproco, portando alla perdita dell’esperienza e delle competenze, di un back ground fondamentale soprattutto all’interno delle aziende. L’avvicinamento culturale delle due generazioni migliora inoltre il dialogo portando alla luce stati d’animo, considerazioni, predisposizioni che spesso rimangono nascosti e non valorizzati.

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Distacco generazionale che ha ricadute negative anche sotto l’aspetto salariale, come riportato dal rapporto “Preventing Ageing Unequally” dell’OECD. Cresce il divario tra giovani e meno giovani. I primi sono sempre più poveri rispetto ai giovani di anni fa. Il tasso di occupazione, tra il 2000 e il 2016 è cresciuto del 23% tra gli anziani di 55-64 anni, dell’1% tra gli adulti di età media (54-25 anni) ed è crollato dell’11% tra i giovani (18-24 anni). Appare quindi evidente come sia necessario anche fornire alle nuove generazioni strumenti e competenze professionali che consentano di potersi spendere immediatamente nel mercato del lavoro. Sempre secondo il rapporto OCSE appare evidente come queste disuguaglianze siano destinate ad aumentare al crescere dell’età degli attuali giovani. Divenendo critiche nell’età pensionabile.

Lo scambio di informazioni intergenerazionale porta inoltre, secondo quanto riportato dall’articolo di Radu Szekely, ad un miglioramento nella volontà di apprendimento da parte di entrambe le generazioni. Stimolerebbe la voglia di apprendere cose nuove, e di approfondire quanto già conosciuto. Sia nelle giovani generazioni, sia nelle generazioni più anziane. L’avvicinamento delle due generazioni porterebbe una predisposizione mentale di apertura, soprattutto nei confronti delle generazioni più giovani che spesso si trovano a competere con i loro coetanei chiudendosi quindi ad esperienze di condivisione. In questo caso il confronto con una persona più anziana abbatterebbe questa condizione mentale favorendo il dialogo e il confronto, e facendo vivere ai giovani un’esperienza molto più profonda e appagante.

Non meno importante la ricaduta sociale di questo genere di attività. Le persone anziane si troverebbero coinvolte in attività che stimolerebbero la loro partecipazione alla vita sociale, migliorandone quindi la qualità della vita. Azioni quindi che concorrerebbero attivamente all’integrazione sociale, più di altre attività mirate esclusivamente all’ottenimento di questo risultato. Tutto questo porterebbe alla riduzione dell’ansia sociale, un fenomeno che porta le persone ad isolarsi e a fare vita ritirata.


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